Curiosità e approfondimenti su uno dei carnevali più famosi del mondo!
Quando è nato il carnevale di Venezia?
Il carnevale ha origini antichissime che affondano le proprie radici nei saturnali romani e nei rituali dionisiaci greci: ne parliamo qui.
Per quanto riguarda Venezia, le prime tracce ufficiali di feste carnevalesche risalgono al secolo XIII: è infatti nel Duecento che appaiono a Venezia le botteghe artigiane che realizzavano appositamente le maschere per questo periodo dell’anno (vennero tuttavia ufficialmente riconosciute come corporazione duecento anni dopo, nel 1436), mentre è datato 1296 il primo editto ufficiale della Serenissima in cui si cita una festa carnevalesca. Questa datazione naturalmente non sorprende, visto che è proprio durante il periodo medievale che il Carnevale assume le forme che, di fatto, la festa odierna ha in qualche modo ereditato.
Tuttavia è nel 1700 che il carnevale veneziano raggiunge la magnificenza che è divenuta simbolo stesso del carnevale nel mondo.
Quali sono le maschere più note del Carnevale Veneziano?
La Baùta è forse una delle maschere veneziane più celebri e diffuse: nella versione che prevedeva il travestimento completo era composta da un mantello nero, un cappello tricorno dello stesso colore e una maschera bianca, detta La Larva. Questa, che poteva essere utilizzata da sola senza il travestimento completo, aveva nella parte inferiore un labbro prominente, che consentiva a chi la indossava di bere senza toglierla. Era la maschera più semplice e, forse per questo, oggi non è quasi più utilizzata.
La Servetta muta o Moretta invece era una maschera di velluto nero, circolare, che veniva fissata sul viso grazie ad un bottone che andava tenuto in bocca: per questo le donne che la indossavano non potevano parlare.
La Gnaga (dal verso del gatto che in veneziano è “gnao“) era invece una maschera a forma di gatto che simboleggiava una donna popolana sciocca: poteva essere completata da un gatto che veniva portato sotto braccio e spesso era utilizzata dagli omosessuali.
La maschera oggi più diffusa è il cosiddetto Volto, ovvero una maschera che copre interamente il viso e che può essere secorata a piacimento a scelta dell’artigiano che la realizza o del travestimento utilizzato da chi la indossa.
Un’altra maschera che, in un certo senso, viene spesso associata al carnevale veneziano è quella del medico della peste: tale maschera, in realtà, deriva dall’abito che i veri medici della peste indossavano durante le terribili epidemie di questo morbo. L’elemento più noto e terribile di questo personaggio è la maschera caratterizzata dal lungo “becco”, che aveva un utilizzo eminentemente pratico: nella cavità, infatti, venivano poste erbe medicinali che dovevano proteggere dal contagio.
Le maschere da porre sul viso sono perlopiù realizzate in cartapesta, con utilizzo di altri materiali quali l’argilla, il cuoio e le garze.
I momenti principali del Carnevale di Venezia
In passato il primo giorno di Carnevale aveva luogo il Liston, ovvero una sfilata in cui le maschere sfoggiavano i propri travestimenti.
Il termine trae origine dall’omonimo termine che veniva utilizzato per i tratti di vie lastricate con pietre d’Istria, che permettevano un passaggio più agevole rispetto alla maggior parte di strade in terra battuta. Tale termine passò a indicare le sfilate che, nella zona di Campo Santo Stefano, si facevano per mostrare i vestiti appena acquistati.
Il taglio della testa al toro era il momento in cui, il giovedì grasso, si celebrava la vittoria veneziana contro il patriarca di Aquileia, Ulrico: si racconta che, una volta sconfitto nel 1162, il Patriarca sia stato condotto prigioniero a Venezia e liberato solo dopo il pagamento di un riscatto. Nel tempo 1 toro e 12 maiali, che venivano uccisi in una cerimonia pubblica a palazzo Ducale, divennero simbolo di quel riscatto. L’evoluzione dei costumi colle che, a partire dal 1523, i maiali fossero esclusi dal rito e, infine, anche i tori, che dapprima divennero 3, vennero sostituiti da maschere e carri allegorici.
A questo rito si fa risalire anche il proverbiale “tagliare la testa al toro“.
Il volo dell’angelo che segna l’inizio del carnevale e dei festeggiamenti in piazza San Marco, oggi divenuto volo della Colombina, si fa risalire al secolo XVI quando, sulla scorta dell’esempio di un giovane funambolo turco che, camminando su una corda testa fra una barca e la balconata di Palazzo Ducale, andò a porgere omaggio al Doge, nacque l’usanza per parecchi giovani spericolati di ripercorrere lo stesso cammino con due ali d’angelo poste sulla schiena. Per evitare incidenti nel 1700 una colomba di legno, contenente coriandoli e fiori, prese il posto dei giovani veneziani.
Quest’anno il volo dell’Angelo (o della colombina) andrà in scena domenica 23 febbraio.
Il primo sabato di febbraio è invece il giorno in cui si svolge il tradizionale corteo delle 12 Marie, 12 ragazze che sfilano su barche da San Pietro castello fino a San Marco. La sfilata rievoca un antico rapimento di giovani donne veneziane da parte di pirati slavi e della loro liberazione ad opera di alcuni coraggiosi veneziani.
Le forze di Ercole erano invece una sfida tra due fazioni che, storicamente, rivaleggiavano per il predominio cittadino: i Castellani, che abitavano la parte orientale della città, e i Nicolotti che invece abitavano quella occidentale. Il giovedì grasso le due fazioni si sfidavano a realizzare le piramidi umane più alte.
Il gioco d'azzardo a Venezia
Il gioco d’azzardo era attività normalmente proibita a Venezia che, tuttavia, veniva eccezionalmente consentita solo durante il periodo carnevalesco, quando veniva confinata in alcuni “casini” o “ridotti“. Vi si poteva entrare solo mascherati, regola a cui derogavano solo i croupier.
La lunga interruzione del carnevale
Dal 1797, con l’assoggettamento di Venezia alle forze napoleoniche prima, agli Austriaci dopo, per evitare disordini i festeggiamenti del carnevale vennero proibiti. Poterono continuare in tono minore su alcune isole come Burano e Murano.
Il Carnevale rinacque solo quasi due secoli dopo, nel 1979, da una collaborazioni tra associazioni di cittadini e istituzioni pubbliche.
Il divieto di lavorare
Il carnevale, si sa, è il momento in cui le consuete regole su cui si basa la civile convivenza vengono rovesciate.
Non molti sanno che, in questo periodo, a Venezia era addirittura proibito lavorare: ci si doveva solo divertire e fare baldoria.
Chiunque venisse colto nell’atto di compiere attività di fatica poteva essere “arrestato” e, a conferma del carattere scherzoso di questo periodo, essere condotto non in prigione, bensì in chiesa.
Perché si usava la maschera del gatto?
Si ritiene che venisse largamente utilizzata la maschera del gatto perché tale animale era pressoché assente in città: da qui il fascino che esercitava sui veneziani.