
Marcello Dudovich (1878 – 1962)
Negli anni in cui nasce la pubblicità, il manifesto, come vero e proprio genere artistico, diviene un elemento estetico tipico: sono gli anni di veri e propri capolavori quali i manifesti per La Rinascente, i Magazzini Mele, Pirelli, anni in cui si distinse per qualità dei suoi lavori Marcello Dudovich, definito da alcuni il D’Annunzio del manifesto.
Cartellonista, illustratore, decoratore e pittore triestino di ispirazione mitteleuropea, considerato tra i migliori disegnatori del Novecento, Marcello Dudovich nacque a Trieste il 21 marzo 1878. La sua formazione avvenne nell’ambiente dell’intelligentia triestina fin-de-siècle, e fu al circolo artistico cittadino che conobbe Eugenio Scomparini, Arturo Rietti e Guido Grimani. Un viaggio di studio a Monaco si rivelò decisivo per la sua crescita perché fu qui che entrò in contatto con l’evoluzione delle arti figurative in Germania: nei suoi primi manifesti è infatti evidente l’influenza liberty della decorazione e dei nudi allegorici, tipici di Franz Von Stuck, che ebbe occasione di frequentare insieme con A. Boecklin ed altri disegnatori delle riviste secessioniste Pan, Jugend e Simplicissimus.
Fu il padre che, nel 1897, dopo averlo mandato a Milano presso le Officine grafiche Ricordi, affidò la sua formazione ad un altro illustre artista suo concittadino, Leopoldo Metlicovitz. In breve, grazie allo stesso Metlicovitz, ad Aleardo Villa e Alfredo Hohenstein, Dudovich passò dal mero apprendimento delle tecniche cromolitografiche alla produzione di manifesti da bozzetti originali. L’anno successivo, 1898, pur mantenendo il suo lavoro per Ricordi, Gualapini e per Modiano e Cantarella, aprì uno studio a Milano.
Influenzato da un ambiente arricchito dalle esperienze francesi, inglesi e tedesche più aggiornate, dal 1897 al 1899, fu capace di elaborare un codice assolutamente personale, stringato e innovativo che conciliava la pittura tradizionale con le nuove esigenze della promozione pubblicitaria.
Dal 1899 al 1905 fu a Bologna, su richiesta dell’editore Edmondo Chappuis e fu durante questi anni che il suo lavoro si impose all’attenzione in Italia e all’estero grazie ad alcune opere che caratterizzarono il suo periodo migliore. Nel 1900 vinse a Parigi una medaglia d’oro all’Esposizione universale grazie ad un cartellone purtroppo ignoto, negli anni successivi primeggiò nei concorsi bolognesi indetti dalla Società per il risveglio cittadino per pubblicizzare le “Feste di Primavera”. Grazie alla sua personalità brillante gli fu facile inserirsi alla perfezione nel bel mondo bolognese dell’epoca.
Fu proprio in questo periodo che incontrò Elisa Bucchi, che sposerà nel 1911 e che apparirà costantemente nei suoi manifesti.
L’attività di illustratore di copertine, vignette, lettere decorate per varie riviste iniziò sempre nel ‘900. Soggiornò brevemente a Genova, probabilmente per pochi mesi presso la tipografia Armanino, per stabilirsi poi definitivamente a Milano, dove creò legami importanti con il mondo imprenditoriale.
Dopo aver raggiunto una prestigiosa reputazione di “maestro” del cartellonismo, nel 1906 tornò a lavorare per Giulio Ricordi.
Il suo tratto caratteristico fu quello di non assumere mai come proprie le correnti figurative contemporanee, piuttosto le seguì con discrezione, rielaborandole attraverso l’espressione grafica.
Nel 1906 vinse il primo premio per il manifesto celebrativo del traforo del Sempione e nello stesso anno diede inizio ad una lunga collaborazione, durata fino al 1914, con la casa di confezioni Mele di Napoli, per cui curò la promozione dell’immagine della ditta. Negli anni successivi creò anche manifesti per Hellera di I. Montemezzi e La secchia rapita di J. Bourgmeine, in scena al teatro Alfieri di Torino nel 1910. Nel 1911 si aggiudicò il concorso per la pubblicità della ditta Borsalino e nello stesso anno fu convocato dall’editore Albert Langen di Monaco di Baviera per la pagina mondana della rivista satirica Simplicissimus, collaborazione che ebbe di nuovo dopo il 1918 e poi dopo il 1945. Nella veste di illustratore fu inviato speciale della rivista a Ostenda, Dauville, Parigi, Londra, Montecarlo e produsse eccezionali quadri di ambiente e ritratti di personaggi alla moda che furono poi raccolti dallo stesso Langen in un album intitolato Corso. A Monaco nacque la figlia Adriana.
Nel 1914 tornò a Milano dove fu sospettato di filo-germanesimo, vigilato ed esentato dalla leva. Qui riprese a lavorare per Ricordi. Tra il 1917 e il 1919 soggiornò a Torino dove lavorò per l’editore Polenghi dove conobbe il cartellonista francese L.-A. Mauzan, da cui imparò alcuni tratti innovativi, mentre dal livornese Leonetto Cappiello mutuò altri aspetti quali la messa in evidenza di un solo personaggio e il fondo monocromatico. Con Arnaldo Steffenini nel 1920 a Milano fondò la Star, società di produzione pubblicitaria. in questo periodo si annoverano i suoi clienti più importanti quali, tra gli altri, Carpano, Pirelli, Strega, Assicurazioni Generali, La Rinascente. Per la Rinascente negli anni tra il 1921 ed il 1956 realizzò più di cinquanta manifesti.
Dopo aver ripreso anche la realizzazione di copertine ed illustrazioni per riviste, oltre che cartoline e disegni per calendari, prese parte alla XII e alla XIII Biennale di Venezia nel 1920 e nel 1922. Negli anni Venti e Trenta ebbe inizio il suo lento declino. Nel 1931-32 realizzò alcuni affreschi per la mensa del ministero dell’Aeronautica di Roma, poi collaborò con l’INA. Nel 1936 fu invitato in Libia da Italo Balbo come decoratore e vi fece ritorno nel 1951 quando il Circolo degli Italiani residenti in Libia organizzò una mostra su di lui. Nel 1945 morì la moglie Elisa mentre lui morì a Milano il 31 marzo 1962.